Guardare film per cambiare il mondo?
Se i politici guardassero più film (o leggessero più libri, o ascoltassero più musica, o visitassero più mostre: come preferite, è lo stesso) molti ritengono che il mondo sarebbe probabilmente un posto migliore. E, forse, non hanno tutti i torti a giudicare dalle difficoltà della Cop29 a Baku in Azerbaigian, dove, prima di ogni discussione, i rappresentanti mondiali dovrebbero riguardarsi “The day after tomorrow” (in Italia “L’alba del giorno dopo”) per avere più chiaro lo scenario verso cui si sta dirigendo il mondo in conseguenza della crisi climatica (e del suo negazionismo…).
Il ventennale di The Day After Tomorrow
Il film catastrofico di Roland Emmerich compie vent’anni proprio in questo 2024 e il dramma è che, purtroppo, non sembra invecchiato di un giorno. Non solo da un punto di vista tecnico, con effetti speciali ancora allo stato dell’arte, ma soprattutto da quello dei contenuti.
The day after tomorrow, la Cop29 e l’allarme climatico inascoltato
Le cronache arrivate da Baku non fanno ben sperare. Come al solito, i leader mondiali faticano a trovare un accordo per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra e il sostegno economico da parte dei Paesi più ricchi verso quelli più poveri. Un panorama sconfortante, soprattutto alla luce dell’avvertimento lanciato di recente dall’Unep (il programma Onu per l’ambiente) per il quale, se non cambiano le cose, il mondo rischia di non riuscire a raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi come stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015.
Il cambiamento climatico e le critiche al film di Emmerich
Roland Emmerich, specializzato in film appartenenti al genere ‘catastrofico’, realizza una pellicola che, dietro a un impianto narrativo altamente spettacolare, si fa portavoce di un’angoscia che sarebbe esplosa solo alcuni anni più tardi.
Il film e la realtà
Nel suo film c’era già molto, se non tutto, quello cui assistiamo ancora oggi. Attraverso il suo scienziato Jack Hall, Emmerich denuncia i rischi del surriscaldamento globale provocato dall’inquinamento dell’uomo. La crisi che ne deriva viene, ovviamente, accelerata per esigenze narrative volte allo spettacolo, e così, con il suo co-sceneggiatore Jeffrey Nachmanoff, il regista immagina una nuova era glaciale dovuta al riscaldamento eccessivo della corrente del Golfo, la corrente oceanica cui si deve la mitigazione del clima globale.
The day after tomorrow, la vera fantascienza sono le scuse della politica
Decisamente più verosimile è, invece, la reazione a dir poco scettica della politica agli allarmi della scienza, come dimostra anche la Cop29 di Baku.
Conclusioni
- La crisi climatica e il fallimento politico
- Le critiche scientifiche al film
- Il cinismo della politica e la necessità di un cambiamento radicale