Il Ponte Acquedotto di Gravina: Un’icona cinematografica e storica
Il Ponte Acquedotto di Gravina è una delle opere ingegneristiche e architettoniche più affascinanti della Puglia, diventata un’icona internazionale del cinema. Sul ponte sono state girate diverse pellicole importanti, tra cui “Pinocchio” di Matteo Garrone, “La Lupa” di Lattuada, “Tolo Tolo” di Checco Zalone, “Il bene mio” di Pippo Mezzapesa e “No Time to Die” con Daniel Craig nei panni di James Bond.
Ponte Acquedotto di Gravina: Storia e leggende dell’imponente mare di pietra
Il Ponte Acquedotto, testimone di 8 millenni di cultura e tradizione, si erge come un mare di pietra attorno a uno dei più grandi canyon d’Europa. Intorno, si trovano case e chiese rupestri, che raccontano la storia e l’identità della comunità gravinese. Si narra che il ponte fosse attraversato da coloro che cercavano una grazia. Oggi, è anche luogo di promesse di matrimonio e cerimonie.
Il significato simbolico e metaforico dell’attraversare
Attraversare il Ponte rappresenta un viaggio nel tempo, un collegamento tra passato e presente della millenaria città pugliese. Con i suoi 37 metri di altezza, 90 metri di lunghezza e 5,5 metri di larghezza, il Ponte Acquedotto è diventato un simbolo della città, valorizzato dai lavori di restauro e riqualificazione recentemente completati.
Il recente restauro
Recentemente sono stati completati i lavori di restauro e riqualificazione del Ponte Acquedotto, restituendogli la sua maestosità. La parte illuminotecnica è stata finanziata dal FAI, mettendo in risalto l’architettura del ponte. Originariamente costruito come viadotto e successivamente trasformato in acquedotto, il ponte è stato reso vulnerabile da un terremoto nel 1686 e successivamente ristrutturato dalla famiglia Orsini.
L’auspicio per il futuro
Il Ponte Acquedotto rappresenta un patrimonio di inestimabile valore per la comunità, che va custodito e valorizzato. L’auspicio è che i lavori di restauro siano solo l’inizio di un percorso per preservare e promuovere questa importante opera.
Foto di Annalisa Colavito